lunedì 11 novembre 2013

Umbre de muri, muri de mainé - volume 1

Il fantastico ponte dei morti, tanto attesa vacanzetta di richiamo tra l'ormai passata estate e il lontano capodanno, ha visto Genova prevalere in volata su Napoli. Purtroppo la smartbox di supporto si chiamava "3 giorni di Charme", quindi non siamo riusciti a riposarci neanche un po'. Tre giorni affascinanti, ma massacranti.
Lérze
Per motivi logistici la prima sosta, il pranzo del Venerdì, è stata fatta a Lerici. Sponda sinistra del golfo dei Poeti. Un giretto abbastanza rapido nel paese, tra le viette strette, la lunga passeggiata sul lungomare dal parcheggio alla piazza principale e primo assaggio di focaccia e farinata in un panificio nascosto nelle viette laterali e quindi con prezzi modici. Un piccolo paesino incastonato tra la montagna e il mare, da rimanere estasiati dalla sua bellezza e nonostante tutto il peggior posto che abbiamo visto, il che dovrebbe far capire quanto sono belle quelle terre. Da un lato sarebbe bello tornarci d'estate, per sfruttare anche il mare che è uno dei migliori d'Italia. Ma forse è meglio così, senza troppi turisti in mezzo ai coglioni.
Portivène
Dopo aver girato per ore nella vana ricerca di un parcheggio nel lontano 1994 - ovviamente in qualità di passeggero - decidiamo per la traversata via mare, col comodo traghetto da Lerici. In mezz'ora per soli dodici euro siamo a Porto Venere col biglietto di ritorno in tasca. Dimensioni ancor più ridotte, le casette costruite sulla penisola all'estremità destra del golfo. Le due ore prima del traghetto di ritorno sono state più che sufficienti. Abbiamo saltato il castello, più per pigrizia che per mancanza di tempo. Pigrizia in effetti è eccessivo, va bene lo charme ma non ci eravamo fermati un attimo. In fondo non molto differente da Lerici, con le sue casette colorate, questione di gusti alla fine, ma c'è il Jolly. Proprio sulla punta della penisola c'è la chiesa di San Pietro. Piccola ma allo stesso tempo imponente, con un piccolo terrazzino dietro l'altare che si affaccia sul mare. Un gioiellino che da solo basta a dare un senso al cristianesimo.
Vernassa
 duménega, visto che il tempo ha retto, puntiamo le Cinqueterre. Obiettivo designato, senza alcuna motivazione plausibile, Vernazza. La vista dall'alto del Castello Doria che la domina, unita alla lunga e impervia strada percorsa lascia molti dubbi: principalmente sul come e sul perché qualcuno si sia stabilito lì, secoli fa. Semplicemente, non c'è spazio. Una vera sfida dell'uomo contro la natura, decisamente vinta nonostante qualche rovescio tipo l'alluvione di qualche anno fa. Anche qui una bellissima chiesa con vista mare, più grande e meno bella di san Pietro ma con una vista dalle finestre incomparabile. Nonostante i prezzi decisamente alti, facciamo pausa pranzo. Scegliamo l'Osteria "Il Baretto", che ha un menu mediamente inferiore al resto della compagnia. Poi, tra la fame, l'ambientino accogliente, la gentilezza del personale, spendiamo comunque un botto tra antipastino, primo, dolce, quartino di vino. Ma una volta ogni tanto, dai, si può anche eccedere. Poi, voglio dire, baccalà marinato, ravioli ripieni di pesce, una specie di ciambellone con l'uvetta che non ricordo il nome servito con lo Sciachetrà. E tra l'altro i ravioli li ho presi perché era finito il tegame di acciughe e patate, ci ero rimasto male.

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